24 lug 2012

Il sapere incatenato: pubblicazioni scientifiche aperte

Forse pochi sanno che la maggior parte delle ricerche nel mondo vengono finanziate con soldi pubblici, ma che i risultati sono pubblicati su riveste e libri molto cari,. In pratica noi paghiamo la produzione e alcuni privati vendono i prodotti.
Certo direte, il giusto compenso per la stampa, occuparsi della circolazione, far ein modo che le pubblicazioni siano disponibili nelle librerie ecc.
Invece no. Non è così. In molti casi i saperi che non 'vendono abbastanza' vengono distrutti, mandati al macero, ma i diritti non vengono raramente rilasciati. Assistiamo al paradossi di libri che sono esauriti da anni, ma che legalmente non possiamo nemmeno fotocopiare. Il sistema è molto più complesso e non lo affronterò in questo momento.  Il punto è che con i documenti elettronici l'archiviazione e la circolazione delle idee non è più un problema, i costi sono minimi, tanto che ognuno di noi potrebbe creare in pochi clic un archivio consultabile da ogni parte del mondo. Allora perchè limitare l'accesso ai saperi? Sapete che se una persona normale volesse accedere a un articolo su una delle banche dati dovrebbe pagare 25 € ogni articolo? E che le Università pagano decine di migliaia di euro a quste banche dati per consentire ai propri ricercatori di accedere agli articoli che i loro colelghi hanno scritto (e psesso loro stessi :-)?
Non è nemmeno un problema di 'difendere l'investimento nazionale', dato che chi paga può tranquillamente accedere, mentre ricercatori con pochi fondi o di paesi/università meno ricche debbono rimanere tagliati fuori. E difendere cosa? dato che alla fine non è lo stato e/o le università che guadagnano, ma multinazionali al di sopra di tutti.
 Consiglio di leggere:
http://blog.debiase.com/2012/06/philip-campbell-nature-le-pubblicazioni-scientifiche-si-aprono/

Per maggiori approfondimenti: http://www.economist.com/node/21552574